Teatro

Gianfranco Jannuzzo, l'eclettico

Gianfranco Jannuzzo, l'eclettico

Gianfranco Jannuzzo è un vulcano. E non solo perché è siciliano e a Vulcano (l’isola), tanti anni fa, si è sposato. E’ un vulcano di entusiasmo, simpatia, cortesia e personalità. Fare un’intervista a uno come lui è uno di quei sottili piaceri della professione giornalistica. Attore brillante amatissimo dal pubblico, ha l’innato talento di saper tenere la scena con naturalezza ed efficacia, sempre, dovunque, comunque e con chiunque. Delfino di Gino Bramieri e alunno della scuola di recitazione di Gigi Proietti, Gianfranco Jannuzzo ha dedicato la sua vita al teatro, lavorando con Garinei & Giovannini e altri grandi. Quest’anno, ancora a grande richiesta nonostante sia al 4° anno di programmazione, ripropone la rentrée di “Nord&Sud”, lo straordinario spettacolo sulle differenze del mondo italico, scritto a quattro mani con Renzino Barbera. E, nel contempo, prepara il debutto de “Il Divo Garry”, versione italiana di “Present Laughter” di Noel Coward. Appuntamento al Teatro Manzoni di Milano dal 2 al 6 ottobre 2007.

Che cosa hai cambiato quest’anno, in NORD&SUD?
Sicuramente ci sono ancora i venti secessionisti, tenuti attualissimi dai signori della lega. Parlo anche della grande capacità degli italiani, nonostante i luoghi comuni che ci hanno sempre afflitto (Nord Polentoni, Sud Terroni), di essere rimasto un popolo unico, in tutti i sensi. Noi meridionali dovremmo essere sempre arrabbiatissimi con i nostri fratelli settentrionali, dopo tutti gli sfottò che ci siamo presi… che siamo indolenti, fatalisti, che non abbiamo voglia di lavorare…in realtà scherzo e rido per tutto lo spettacolo perché questo è un luogo comune facile da smontare… noi meridionali abbiamo una grande autoironia: sappiamo ridere di noi stessi. E porto avanti il tutto attraverso l’uso dei dialetti e soprattutto dell’umorismo. Nonostante il campanilismo di essere veneti, piemontesi, calabresi, alla fine siamo tutti molto orgogliosi di essere italiani. Io ho in mano il termometro della situazione perché essendo sempre in giro da 30 anni l’Italia la conosco bene. Di nuovo ho poi inserito il concetto di un Nord e un Sud del mondo: ora vediamo queste altre popolazioni che arrivano da noi perché pensano di trovare l’America. Una metafora nello spettacolo è questo signore che si costruisce una casetta in Alaska e per lui, quindi, sono tutti meridionali.

Nello spettacolo parli anche di modi di dire, proverbi, filastrocche. Un modo di dire del Nord e uno del Sud che hai fatto tuoi.
Più che modi di dire sono i luoghi comuni. I milanesi dicono sempre “ma va a laura’, a laura’..”, sempre di corsa, perché devono laurà…Il milanese corre sempre. Anche quando deve andare a fare una cosa per divertirsi, corre sempre. Invece noi meridionali siamo sempre col sombrero in testa!

Ma perché ha fretta il milanese?
Ha fretta, ha fretta, che ne so, non lo sa nemmeno lui! Ride. Ce l’ha nel DNA. Si angoscia. Mia moglie è milanese, ed è una cosa che io vivo quotidianamente. “Nord&Sud” ce lo siamo fatti in casa! Lei quando deve fare una cosa normale, anche in vacanza, è di corsa, è in ansia. Io la prendo con più calma.

Nel tuo spettacolo esplori metaforicamente l’Italia in lungo e il largo. Al di là delle tournées, sei anche un viaggiatore, di tuo, per passione?
Lo faccio un po’ meno di una volta, purtroppo. Quando ero più giovane viaggiavo negli Stati Uniti per mesi interi. Sono stato a Londra, Parigi. Ma ho ancora tantissime lacune da colmare, non sono un viaggiatore di quelli folli. Sto bene anche a casa mia. Vorrei farlo ancora, ma ho meno tempo e anche un po’ meno voglia, meno stimoli.

Esiste un campanilismo anche culinario da noi? O siamo tutti italiani?
Le due grandi differenze sono la cassata siciliana e la polenta che sono due mondi a se stanti! O la pasta con le sarde, mitico piatto siciliano, che è un piatto povero, ma ricchissimo. Invece la polenta è il minimo storico che però ha fatto crescere generazioni di giovani settentrionali e li ha fatti crescere anche bene…

Quindi il siciliano non lo si potrà mai convertire alla polenta… Ride di gusto No, non credo proprio!

Qual è secondo te il tratto caratteristico che ci identifica all’estero?
La fantasia, credo. Il fatto di essere così genialoidi senza nemmeno saperlo. Non credo che ci attribuiscano patenti di genialità, ma sanno che possiamo avere quel guizzo di un’invenzione, al di là della moda e dei nostri prodotti fantastici, quell’essere simpatici perché intelligenti. Siamo capaci di arrangiarci nella vita, di essere speculativi mentalmente.

E invece, qual è la grande imperfezione dell’Italiano?
Che siamo un po’ pressappochisti e che non siamo abbastanza convinti del potere che avremmo da cittadini. E’ un po’ quello che sta dicendo Grillo in questi giorni. Credo che per fortuna si stia abbastanza prendendo coscienza, i cittadini sono delusi, ci doveva essere un vento di novità sulla nuova classe dirigente e invece quel popolo che ha votato la sinistra è stato talmente deluso, vedendo il peggio nei propri politici, che ora sta succedendo qualcosa mai visto in Italia. Una presa di coscienza molto critica, al di là della fede. C’è qualcosa che ho messo in “NORD&SUD” anche di questo, del fatto che ci sia ancora qualcuno che pensa che dobbiamo dividere l’Italia, dopo tutte le fatiche nobilissime fatte per unirla. E siccome parto dal presupposto che sono tutte le culture così diverse a fare la nostra forza, è giusto avere una cultura unica che le comprenda tutte.

Mi piacciono molto gli aggettivi e le definizioni che sai trovare, sono tutti molto centrati. Allora facciamo un gioco. Ti dico un nome e tu mi dai una definizione, in una parola.
Gino Bramieri Amico Gigi Proietti Maestro Enrico Montesano Collega Luca Barbareschi Ambizioso. A me Luca piace molto, perché è riuscito a portare e a fare delle cose particolari, ha una personalità interessantissima. Renzino Barbera Papà Gianfranco Jannuzzo Uno di voi. Anche se mi piacerebbe che di me pensassero che sono eclettico. La Sicilia La vita Il teatro Casa

Più avanti presenterai, sempre al teatro Manzoni, "Present Laughter" di Noel Coward, tradotto come "IL DIVO GARRY". Anche tu, come Garry, hai paura degli anni che avanzano?
Eh si, devo ammetterlo. Vorrei non averla, questa paura. Ma non solo sul decadimento fisico, beninteso. E’ la paura di perdere l’entusiasmo di quando sei ragazzo, quel pizzico di incoscienza che invece è il sale della vita, qualsiasi tipo di professione tu faccia. Per un attore poi c’è anche lo spettro della bellezza: la paura di non essere più bellissimo, fortissimo, attraente, perché viviamo forse un po’ troppo del riflesso che abbiamo dal pubblico. In Italia si vive un po’ più di immagine, rispetto che di bravura.

Ma il teatro, rispetto al cinema e alla tv, è un po’ più un liquido amniotico: ha tenuto vivi e tiene vivi personaggi di rilievo. In tv in fondo decadi più fretta, la sovraesposizione che dà la tv il teatro non la vive e forse è anche questo il punto, no? Ti preserva, in qualche modo, non ti fa avvizzire, anche quando hai 80 anni.
Liquido amniotico…bella immagine. In effetti se mi ci fai pensare è un po’ così. Penso ad Arnoldo Foà: è impressionante, ha più di 90 anni e ha la voglia, la forza, lo stimolo di un ragazzino!

Prendiamo spunto dal titolo di alcuni tuoi spettacoli per parlare un po’ di te. In effetti non si sa molto di te nel privato. “Gli attori lo fanno sempre”: tu che cosa fai?
Il titolo si riferisce al fatto che gli attori si baciano e si abbracciano sempre. Io da attore, sai che faccio? Osservo gli altri. Io sono curioso, essere curiosi significa essere attaccati alla vita, amare gli altri anche per le loro diversità. “Se devi dire una bugia dilla grossa”: che bugia grossa hai detto, che ora puoi confessare? Grosse nessuna, non le so dire, mi scoprono subito. Arrossisco, sono un pessimo mentitore. Le bugie che dico in continuazione, alle quali credo, sono quelle a fin di bene, quelle che dici quotidianamente per non ferire le persone a cui vuoi bene. ”Due ore sole ti vorrei”: con chi, dove o come vorresti passarle? A me è mancato molto non aver conosciuto bene Vittorio Gassman. Lui aveva molta simpatia istintiva per me, perché in quegli anni facevo parte della scuola di Proietti e Proietti – bontà sua – mi considerava uno degli attori più interessanti. Ti dico una cosa che sembra detta da uno presuntuoso: Vittorio aveva un pizzico di invidia per Gigi, come dire “accidenti, l’avrei voluto istruire io!”. Questa è una dimostrazione di affetto che poi mi è mancato non poter coltivare, per una serie di cose…lui era molto più grande di me (in tutti i sensi) e poi non ci siamo più incontrati. Ecco, “Due ore sole ti vorrei”…mi sarebbe piaciuto fare una chiacchierata con Gassman, conoscerlo meglio.

Che rapporto hai con il cinema? Ti sarebbe piaciuto farne di più?
Incompiuto, Fabienne! E’ un po’ come aspettare Godot, chissà che però Godot arrivi…Ci sono state delle occasioni sfumate che potevano essere interessanti, che non ho potuto cogliere perché impegnato in altre cose teatrali. Io ho voglia di fare cinema…ogni volta che faccio cinema, mi viene voglia di farne ancora, perché è un mezzo di comunicazione straordinario, bellissimo…grande fantasia, grande professionalità, grande mestiere anche lì. Adesso c’è in ballo un piccolissimo ruolo con Pupi Avati, che secondo me è un incontro importante. Staremo a vedere!

Per un passionale come te, che ha definito poco sopra il teatro come “casa”, che significa vedere il flusso di tanti personaggi televisivi, spessissimo senza arte né parte, che si tuffano nel teatro?
Ti dirò sinceramente e senza nessuna presunzione, che li guardo un po’ dall’alto, un po’ dall’esterno. Nel senso che da parte mia non c’è un atteggiamento snobistico o presuntuoso, ma li osservo senza nessun coinvolgimento. E’ chiaro ho provato anch’io una puntina di invidia per quelli che con un ruolo in tv guadagnano dei soldi che non guadagnerai mai nella tua carriera. E parlo dei soldi per un discorso del tipo: mi posso comprare una bella casa, posso dire di no una volta a qualcosa perché in quel momento non ho bisogno di lavorare…non i soldi da miliardari, ma quelli che servono per proteggerti le spalle, per farti dormire tranquillo. Allora, quando vedi queste sperequazioni ti viene un po’ la rabbia, perché pensi alla tua carriera costruita mattoncino su mattoncino. Poi hai ragione tu, che quando vogliono la patente di “attori” si rifugiano anche loro nel liquido amniotico del teatro. Poi il pubblico te lo perdona perchè ti vuole bene, ma te lo fa anche pagare, e anch’io in qualche modo ci sono passato. Quando punti su questi personaggi, il pubblico si sente un po’ come tradito, perché pensa: “Ma adesso questo/a che cosa c’entra?”. Se non investi sul teatro in maniera seria, poi lo sconti. Perché poi il tempo passa per tutti, non puoi puntare solo sulla bellezza.